PMI: perchè è difficile crescere

Lo scorso weekend ho ripreso in mano “Sapiens. Da animali a dèi” di Harari. perché è un libro che sviscera i grandi temi della storia dell’umanità, ripercorrendo le tappe della nostra evoluzione e l’impatto (positivo e negativo) che questa ha avuto. Se ancora non l’hai letto di consiglio di farlo.

Nella prima parte di Sapiens. Da animali a dèi, Harari spiega la struttura sociale degli scimpanzé che vivono in piccole comunità composte solitamente da poche decine di individui, con una organizzazione prevalentemente gerarchica. Il membro dominante è il “maschio alfa”, che cerca di mantenere un equilibrio di pace e serenità all’interno del gruppo. In condizioni naturali un branco di scimpanzé è composto da circa 25/50 individui, quando il numero aumenta l’ordine interno tende a destabilizzarsi, portando alla rottura e alla formazione di un nuovo branco da parte di uno o più membri del gruppo. Molto raramente si tende a cooperare, quanto piuttosto a competere per cibo e territorio.

Dato che gran parte del nostro patrimonio genetico deriva proprio dagli scimpanzé, diventa interessante guardarci dalla prospettiva di nostri parenti. Lo scimpanzé è differente dall’uomo solo per poco più dell’1% nella composizione del DNA, inoltre l’anatomia del loro cervello e del loro sistema nervoso centrale è notevolmente simile al nostro.

IL NUMERO DI DUNBAR

Nel 1998 l’antropologo e psicologo evoluzionista Robin Dunbar pubblica lo studio The Social Brain Hypothesis partendo proprio dallo studio di alcuni gruppi di scimpanzé e della loro attività sociale principale, il grooming: ovvero l’attività per mantenersi puliti spulciandosi reciprocamente. Secondo Dunbar, l’evoluzione ha predisposto la neocorteccia cerebrale in modo da gestire un numero di relazioni sociali stabili non superiore a 150. Superata questa soglia critica avviene un deterioramento dei rapporti per mancanza di interazioni e abbiamo bisogno di regole e norme più restrittive per mantenere il gruppo coeso.

Se negli scimpanzé il grooming rappresenta una pratica collettiva utile a rafforzare le strutture sociali e a mitigare le dispute, nell’evoluzione degli esseri umani il linguaggio ha rappresentato in epoca preistorica una forma di social grooming sui generis, consentendo ai primi uomini di mantenere la coesione sociale in modo efficiente. In Grooming, Gossip, and the Evolution of Language, Dunbar suggerisce che la comunicazione verbale ha consentito alle società di rimanere unite senza bisogno di “intimità fisica”.

Secondo Dunbar questi limiti sociali sono ancora più evidenti nel mondo aziendale di oggi. Dunbar sostiene infatti che oltre alle 200 persone la comunicazione si rompe. “Se vuoi gestire la tua organizzazione come un’istituzione egualitaria e democratica, questo è il limite. Significa che non hai bisogno di una gerarchia perché tutti lavorano sulla base delle relazioni personali e degli obblighi personali”. Questo assunto ci aiuta a comprendere le motivazioni che sottendono alle difficoltà delle nostre PMI a superare una soglia critica per crescere e diventare grandi. Una piccola azienda di famiglia potrebbe sopravvivere e prosperare senza un consiglio di amministrazione o un amministratore delegato, ma diventa praticamente impossibile gestire nello stesso modo una organizzazione con migliaia di persone. Quindi il passaggio ad una società più grande deve essere graduale, nel quale coesistano processi per far funzionare un’organizzazione più grande senza perdere quel senso famigliare tra persone. E qui (come si suol dire) casca l’asino! 

IL NESSO TRA PMI E BIOLOGIA

Il nostro Paese è famoso per una ricchissima platea di PMI. Su 4 milioni e 427 mila imprese circa 4.2 milioni sono di dimensioni comprese 0-9 dipendenti, mentre poco più di 4000 superano i 249 dipendenti (fonte Istat). Solo una manciata di aziende riesce pertanto ad acquisire dimensioni medie, men che meno grandi. Perché accade questo?

Perché per crescere c’è bisogno di diversi fattori. Il primo è dettato dalle capacità manageriali, e quindi da tutti quei leader che facilitano la coesione del gruppo ma che sappiano anche avere una strategia adeguata in tempi soprattutto d’incertezza. La seconda è l’identità, ovvero l’insieme dei valori che permettono alle persone di identificarsi nello scopo aziendale (coerente anche con quello della loro vita).

Siamo nel bel mezzo di una Grande Cesura. Sono moltissime le aziende che oggi parlano di green, purpose, identità e valori. Sempre più spesso però le aziende utilizzano questi temi per estetica, mera apparenza, senza crederci davvero fino in fondo. Pensano che il contenitore sia più importante del contenuto.
La Grande Cesura consiste proprio nel bivio nel quale ci saranno aziende che saranno aziende di talenti mentre altre saranno aziende fatte di persone. Le aziende di talenti sono proprio quelle che fanno del contenuto il loro contenitore, senza fronzoli, giri di parole e saranno proprio quelle che riusciranno a fare il salto crescendo oltre il numero di Dunbar.

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